Iniziazione martinista e sua attualità – Sator S:::I:::
Per la mia esposizione, mi sono posto alcune domande:
Cosa rende attuale l’iniziazione martinista?
Quali peculiarità ha il martinismo tali da renderlo “moderno” e appropriato ai tempi che stiamo vivendo?
Per dare una risposta soddisfacente a queste domande non credo si possa prescindere da una parte dalla definizione, ancorché per sommi capi, di “cosa sia il Martinismo” e dall’altra dalla “identificazione di quelli che sono i caratteri distintivi della modernità“.
Per quanto riguarda il Martinismo non si può partire che dalle Dichiarazioni di principio dell’Ordine Martinista fondato a Parigi nel 1891 da Gérard Encausse in cui, tra l’altro si legge:
«…L’Ordine è essenzialmente spirituale, combatte con tutte le sue forze l’ateismo, il materialismo, e, in collegamento con le altre fratellanze iniziatiche, combatte l’ignoranza, dà al simbolismo la grandissima importanza che gli compete in tutte le serie d’iniziazione. Non si occupa di politica e tanto meno di questioni di ordine religioso. Permette e facilita gli studi, mantenendo la tolleranza più assoluta…».
Nella “Introduzione dei Quaderni iniziatici dell’Ordine Martinista” del Gran Maestro Papus, del 1910, si legge:
«…Il Martinismo è una mescolanza di platonismo, d’origenismo e di filosofia ermetica, sopra una base cristiana. Lo scopo che si prefiggono gli Iniziati è quello di scoprire i più rari misteri. La società Martinista non costituisce né un centro dogmatico (cattolici, protestanti, gnostici, ecc. vi sono ammessi indistintamente) né un partito politico, ma Ordine di propaganda esoterica che incita allo studio della religione unica, celata sotto i diversi culti dell’Occidente. Il profano, l’iniziato e l’Iniziatore debbono essere umili studiosi, devoti al culto della Verità Eterna…»
Non meno interessante è la “Dichiarazioni di principio” del Protocollo di unificazione degli Ordini Martinisti d’Italia 1962 che riprendendo espressamente le dichiarazioni del 1891.
In massima sintesi possiamo quindi dire che il cammino spirituale Martinista, si snoda inequivocabilmente al di fuori delle grandi religioni e dei loro postulati e che, estrinsecandosi in una ricerca di un “Senso”, di una spiritualità, di una saggezza, essa è più laica e filosofica che religiosa.
Per i Martinisti inoltre il Sacro è parte di ogni essere umano e ciò lo collega, in modo unico, a un Assoluto che lo oltrepassa, ma che è dentro di lui.
L’esperienza del Martinista è quindi un’esperienza molto personale, soggettiva, e rifugge dalla mediazione di qualunque religione che si presenta come via esclusiva al divino.
Per quanto riguarda la moderna società contemporanea essa è frutto di una lenta evoluzione che sin dagli inizi del Novecento ha invece favorito smisuratamente lo sviluppo degli aspetti “materiali” nell’uomo, immiserendone quindi la “ricchezza” interiore.
Un sistema fondato sul “mercato” ha focalizzato l’uomo sullo sviluppo e il perfezionamento di strumenti eccezionali che però non è in grado di usare al meglio quali la tecnologia e l’informatica.
Lo sviluppo dei mezzi di comunicazione e la conseguente facilità dei viaggi e degli di scambio hanno determinato la globalizzazione che collega e amalgama le diverse culture.
Il “materialismo” ha privilegiato “l’avere” rispetto “all’essere” e si viene plasmati da una società egoista che seduce con promesse allettanti e illusioni di benessere.
I modelli di riferimento negativi, il deterioramento dei costumi e delle istituzioni sociali unita al desiderio di “adeguarsi” agli altri per apparire, hanno compromesso valori quali, fratellanza, uguaglianza, rispetto, perdono, altruismo e solidarietà.
La società è smarrita, diffidente, alla ricerca di una nuova identità. Le “istituzioni” tutte, sono percepite come incapaci di affrontare i problemi. A tutto ciò si è unito un elevato “individualismo” che ormai caratterizza i rapporti e le relazioni private e sociali.
L’individualismo è la tendenza a far prevalere eccessivamente e abitualmente gli interessi individuali e personali su quelli collettivi.
Portato all’estremo, questo comportamento può giungere all’egocentrismo, cioè alla tendenza di porre sé stessi al centro di tutto ciò che accade, rendendo quasi nulla la considerazione altrui e degli altrui punti di vista.
L’individualismo prende le mosse dal vedere, percepire di sé stessi prima, e in maniera differente, rispetto agli altri. In altri termini, l’individualista non ammette e non riconosce l’uguaglianza fra sé stesso e gli altri, è convinto di essere, per qualche ragione, se non superiore, perlomeno diverso dagli altri. Costui vive con un senso di distacco dalla società e dagli altri.
Quando l’individualismo è poi condiviso da una moltitudine di persone, ne risulta una società dilaniata dagli interessi personali di ognuno, i quali, inevitabilmente, non sono quelli della società nel suo insieme.
Eppure, nonostante questo quadro sconfortante, negli ultimi tempi si percepisce, con sempre maggiore intensità, un crescente bisogno di “sacro”, di recupero di una dimensione “spirituale” da parte di tutte quelle persone disingannate dalla grande ingozzata di “materialità” cui l’umanità, soprattutto occidentale, è stata sottoposta.
Si percepisce un po’ ovunque la voglia, direi il desiderio di una nuova sacralità basata su principi morali forti cui fare riferimento, volti a valori esistenziali positivi.
Sembrerebbe quindi che ci si trovi dinnanzi ad una nuova, ulteriore fase dello sviluppo dell’umanità, ad nuovo avvento di una “Società Tradizionale” dove il “Sacro” torni ad essere parte integrante della “quotidianità” degli essere umani, e questi tornino ad essere ricettivi verso mondo dello Spirito. Un ritorno alla spiritualità intesa come ricerca di saggezza e di “senso delle cose e del mondo”.
Chi si impegna nel recupero della “spiritualità perduta” affronta però un lavoro davvero duro e difficile, in cui l’unico strumento per aprirsi un varco in mezzo al Caos che ci circonda è dato dal riportare alla luce i valori positivi.
Questa ricerca ed il lavoro che ne consegue possono nascere ed essere supportati solo da un profondo ma possente “Desiderio” ed è a questo desiderio che si aggancia il Martinismo infatti, come ben sappiamo, esso è alla base del Martinista che, per tale ragione viene definito UOMO DI DESIDERIO.
Ma cos’è il Desiderio cui fa riferimento la Tradizione?
Certo non il desiderio inteso come sentimento di ricerca appassionata o di attesa del possesso, del conseguimento o dell’attuazione di quanto è sentito confacente alle proprie esigenze o ai propri gusti. Certo non il desiderio inteso come bisogno o come necessità. Questo è il desiderio nella sua ottava bassa, tanto per scomodare un po’ Gurdjieff.
Bisogna invece che esso sia nell’ottava alta. Forse quell’anelito di ritorno all’Unità di cui si ha il ricordo nell’anima? Sicuramente non qualche cosa che si possa intuire, di cui si essere consapevoli facilmente o che sia alla portata di chiunque.
Non è un desiderio “mentale” di conoscenza o peggio di curiosità.
Scriveva il Filosofo Incognito Louis-Claude de Saint-Martin:
“….. il desiderio risulta dalla separazione o dalla distinzione tra due sostanze simili, sia per la loro natura o per le loro proprietà; e quando la gente al massimo dice che non desidera, che non sa cosa vuole, noi diamo la prova che se desideriamo qualcosa, abbiamo assolutamente bisogno di avere in noi una parte di quella cosa che desideriamo….”.
Ecco che diviene necessario che colui che comincia a muovere i suoi primi passi del percorso spirituale al momento dell’Iniziazione possieda interiormente questo “Desiderio” ad alta vibrazione, altrimenti chi ne dovesse essere privo e quindi si sottoponesse ad una Iniziazione soltanto per curiosità, bramosia di conoscenza di cose nuove ed esotiche o per altre ragioni ancora a più bassa vibrazione, probabilmente non diventerà mai un Iniziato. Probabilmente, nella maggior parte dei casi, non porterà a termine ciò che ha intrapreso o, nel peggiore dei casi, potrebbe addirittura lascarsi sedurre da vie che portano alla “controiniziazione”, non essendo nelle condizioni di riconoscere chiaramente ciò che è Tradizione e ciò che non lo è.
Stanislas de Guaita affermava: “… Tu sei Iniziato, colui cioè che altri hanno posto sulla “Via”. Sforzati di divenire Adepto: colui che ha conquistato la scienza da sé; in una parola il figlio delle sue opere” .
Un altro aspetto della modernità a cui il martinismo si aggancia e che lo rende una via in sintonia con i tempi è senz’altro l’individualismo. “Individualismo”, così come l’abbiamo definito è innegabilmente l’ottava bassa di individuo mentre quella alta è Individualità intesa come prima emanazione dell’Assoluto, ovvero il primo distaccarsi di quella che io amo chiamare la Goccia, dall’unione con il “Mare Tutto” e che, una volta liberatasi dall’ego tornerà ad esso senza però annullarsi in esso. Partendo infatti da uno stato di frammentazione ed isolamento sociale l’iniziato Martinista troverà maggiore sintonia con una operatività che privilegia il lavoro individuale rispetto a quello collettivo, tipico di altre strutture.
Il lavoro dell’iniziato al Martinismo è molto personale, soggettivo, forse ha anche un vago “sapore religioso”, pur rifuggendo da qualunque forma religiosa.
Chi sta muovendo i primi passi del percorso è alla ricerca del Maestro Interiore e per trovarlo deve disconnettersi dall’insegnamento delle grandi istituzioni religiose.
Come dice Saint-Martin, non è tanto “altrove” cioè, all’esterno che si deve cercare quanto, piuttosto, dentro, nello spazio della propria interiorità. La “luce”, infatti, può giungerci solo dalla profondità del Sé, dove è celata la “scintilla divina”, e non da una rivelazione esterna.
Ecco quindi che l’iniziato Martinista in questo modo riscopre il vero valore della spiritualità quale elemento fondante della vita umana.
La sua ricerca gli consente di riappacificarsi con il proprio “essere profondo” e con conseguentemente con gli altri. Passare dalla frammentazione individualista all’unità con Tutto.
La lunga ricerca alla fine porterà il Martinista a riconoscersi nella Divinità, emanato dalla Divinità, parte della Divinità, come tutto il cosmo. La Divinità è dentro di noi ed è lì che possiamo incontrarla.
Anche se è presente in ogni cosa, solo l’essere umano è dotato della coscienza di sé, cioè, della attitudine a comprendere di essere parte di Divinità, essere, in qualche modo, lui stesso Divinità.
Il risveglio di questa consapevolezza assopita sarà, quindi, la principale ricompensa dell’iniziato alla Loggia Martinista “Silentium”.