Iniziazione martinista: iniziazione reale o virtuale – Rhiannon S:::I:::
Nel momento in cui si vuole cominciare a parlare di “iniziazione” la mente ci rimanda subito al concetto che si sta per “dare inizio a qualcosa”, che si sta “intraprendendo un percorso” che ci condurrà verso la “meta” di cui abbiamo – in un preciso momento della nostra vita – avvertito la “presenza” e il conseguente “richiamo”.
E questo “sentire interiore” ha caratterizzato sempre colui che si avvicina ad una struttura iniziatica, sia se ci riferiamo al passato sia in età contemporanea.
Come martinista, come donna che ha avvertito questo richiamo e che ha deciso, non certo per caso, di intraprendere il percorso martinista, non posso che fare riferimento ai nostri Maestri Passati – che sono sempre presenti fra noi – a cominciare da Martinez de Pasqually che usava affermare: “Mio Dio, proteggimi da me stesso”.
Il suo allievo prediletto, Louis-Claude de Saint-Martin gli faceva eco sostenendo che: “L’uomo è la somma di tutti i problemi” ma allo stesso tempo asseriva che: “L’uomo porta in sé il germe della Luce e delle verità”.
Ecco, quindi, che se da una parte abbiamo la rappresentazione dell’uomo immerso nella problematicità del piano orizzontale (ricordato da Martinez e da LCSM) dall’altro abbiamo la possibilità offerta all’uomo di rialzarsi lungo una verticalità nel momento in cui si “rende conto” di avere in sé “il germe della Luce” che lo porterà allo stato iniziale prima della “caduta”.
E ancora una volta è richiamato il concetto di inizio e di principio. Ma inizio di cosa?
La parola “inizio”, da cui “iniziazione”, è la soluzione: inizio da in-ire, quindi un “andare dentro” e non verso improbabili divinità assise su nubi accomodanti e paffute.
Una volta compreso che la “risposta” a questa “chiamata interiore” si trova nell’intraprendere un percorso di comprensione e successivo sviluppo del nostro essere, dobbiamo riflettere se quanto ci prospetta il percorso martinista sia reale nel senso di res, di riscontrabile, oppure frutto di seducenti fumose filosofie, cioè se il Martinismo offre una iniziazione reale o virtuale.
E per rispondere a questo mio interrogativo mi è giunto, quasi inaspettatamente, un piccolo intervento svolto dal Gran Maestro Passato Giovanni Aniel (Fabrizio Mariani).
Fabrizio Mariani ha lavorato come giornalista e come conduttore radiofonico per la Rai.
È stato anche uno scrittore e ha dato alle stampe numerosi testi con la casa editrice Bastogi di Foggia.
In particolare, nel 1982, ha pubblicato “Introduzione alla pratica ermetica” la cui presentazione è stata scritta da Nebo, Francesco Brunelli, Gran Maestro dell’allora Ordine Martinista Antico e Tradizionale (OMAT). La presentazione al testo è datata Perugia, luglio 1982.
Brunelli morirà qualche settimana dopo, il 19 agosto. Quindi, è stato forse uno dei suoi ultimi contributi scritti.
Giovanni Aniel (Fabrizio Mariani) come giornalista ha condotto la rubrica radiofonica “Atanor – Gli orizzonti dell’esoterismo” che andava in onda la domenica sera, alle ore 22:15, su Rai Radio 3.
Una delle trasmissioni ha avuto come tema “Iniziazione reale e/o virtuale” con particolare riferimento all’iniziazione nell’Ordine Martinista. Ecco la trascrizione, semplificata, del contenuto della trasmissione.
L’iniziazione – e in particolare l’iniziazione martinezista-martinista – è per definizione la trasmissione reale di un potere spirituale. Ne conseguono alcune ovvietà sulle quali sarà bene soffermarci per chiarire una buona volta le idee a tutti.
È ovvio, per esempio, che ognuno utilizzerà il deposito iniziatico ricevuto in ragione delle sue possibilità intrinseche, le quali variano da individuo a individuo. Dei talenti ricevuti, ogni operaio fa quel che vuole e che può. È errato affermare che chi non spende i talenti è perché non li ha ricevuti, o li possiede soltanto virtualmente.
La peculiarità dell’Ordine consiste nella trasmissione diretta di un fluido, di un legame, fra l’iniziatore (che tale è a vita, semel abbas, semper abbas) e il recipiendario con l’imposizione della mano e con le parole (risvegliati, o tu che dormi, ricevi questa fiamma ardente che ti permetterà di vincere la potenza delle tenebre) parole che ogni Martinista, degno di questo nome, dovrebbe custodire scolpite nel cuore.
Attraverso questa trasmissione si instaura un vincolo karmico, indissolubile, tra chi trasmette il fluido e chi lo riceve, vincolo che, come tutto ciò che attiene al karma, si perpetua oltre la morte (il fatto che alla morte dell’Iniziatore il discepolo debba cercarsi un altro maestro riguarda, specificatamente, l’attività operativa sul piano del Quaternario).
In altre strutture è diverso: in Massoneria, tanto per fare un esempio, è la loggia, unità di base dell’organizzazione, che accoglie l’aspirante apprendista attraverso il suo capo, il maestro venerabile, che tale non è a vita, né a priori, ma è eletto dall’assemblea, con periodica cadenza.
L’Iniziatore Martinista, invece, è tale a priori, cioè prima ed indipendentemente dalla loggia, che, una volta costituita, è per sempre di sua esclusiva responsabilità.
L’iniziazione martinista riguarda le possibilità intrinseche (cioè quelle che già sono, anche se latenti, nel recipiendario); queste possibilità possono non affiorare mai, ma non per questo l’iniziazione è meno reale. Altre forme di iniziazione, invece, riguardano le possibilità non intrinseche (cioè quelle che, grazie allo studio e alla meditazione sui simboli potranno un giorno nascere, ex novo, nel recipiendario); in questo caso si può (anzi: si deve) parlare di iniziazione virtuale, ma il discorso non ci riguarda.
Il grave compito che si assume l’Iniziatore consiste nel capire se un profano di desiderio abbia in sé, oppure no, le possibilità intrinseche: solo in caso affermativo, infatti, egli potrà procedere a trasmettere un’iniziazione che abbia tutti i requisiti richiesti dalla nostra Tradizione.
Capire ciò è molto difficile: sono in gioco, da parte dell’Iniziatore, cospicue facoltà intuitive e una buona conoscenza della psicologia applicata.
Può accadere – e accade – che l’Iniziatore sbagli e scambi per desiderio quella che è soltanto una malcelata e inconsapevole velleità.
Allo sbaglio dell’Iniziatore, però, pone rimedio l’Eggregoro dell’Ordine che senza frapporre indugi espelle dall’Ordine e restituisce al mondo profano la persona che in campo iniziatico dispone, in quel momento, soltanto di possibilità non intrinseche.
È probabilmente su queste argomentazioni che si è usata, nel nostro ambito, la dizione relativa alla virtualità dell’iniziazione, generando qualche piccola confusione che speriamo di aver fugato, in quanto l’iniziazione martinista è sempre un’iniziazione reale.
Qui termina la trascrizione della trasmissione.
Da quanto appena detto, è fuori di dubbio che la iniziazione martinista sia una iniziazione reale che produce un legame indissolubile fra il recipiendario e il maestro rafforzato dalla catena eggregorica ininterrotta fra recipiendario e l’iniziatore e fra questi e il suo maestro, e così fino a giungere ai Maestri Passati, ricordati durante la trasmissione iniziatica:” Io… nel nome del mio iniziatore… e sotto gli auspici dei Nostri Venerati Maestri Passati, ti ricevo… ecc. ecc.” E da questo momento, il nuovo iniziato, il neofita, è posto in contatto con la sua realtà, res appunto, interiore, attraverso la pratica dei riti relativi al grado di appartenenza.
A questo punto mi è obbligo ricordare Stanislas de Guaita che al nuovo iniziato, così si rivolge: “Invano i più saggi Maestri ti rivelerebbero le supreme formule della scienza e del potere magico, poiché la Verità Occulta non può essere trasmessa in un discorso, ma ciascuno deve evocarla, crearla e svilupparla in sé”.
Ciò significa che il grado ricevuto deve essere attivato e sviluppato in sé, magari con la guida dell’iniziatore per evitare errori e sviamenti visto che questi, come dice il Maestro Passato Aldebaran, con l’iniziazione ne assume una responsabilità personale.
Se è vero che l’iniziazione martinista è reale e non virtuale, in quanto crea un legame che prescinde dal piano della manifestazione e va oltre il quaternario per approdare a piani più elevati, è ancor più vero, allora, che l’iniziazione martinista, e quindi l’iniziatore, deve andare oltre le forme fenomeniche contraddistinte dalla dualità.Deve dunque prescindere da un mondo dove tutto è sdoppiato e polarizzato, comunemente rappresentato dal Sole e dalla Luna, dal bianco e dal nero, dal maschile e dal femminile, ma guardare la Luce Una imprigionata nella materia, nella corporeità. Deve dare la giusta risposta alla chiamata di quella scintilla divina che, in quanto tale non può essere né uomo e né donna e prescinde da ogni forma di caratterizzazione e, soprattutto, di limiti al suo naturale e incondizionato sviluppo.
Questo è ancor più vero se osservo la mia esperienza personale dal giorno in cui ho deciso di rispondere alla mia chiamata interiore e intraprendere un percorso iniziatico. Il rapporto con il mio iniziatore, gli strumenti che il Martinismo mi ha messo a disposizione e la pratica costante dei riti hanno fatto di me una donna nuova, che ha cioè raggiunto la consapevolezza che una strada per la propria reintegrazione esiste e il desiderio di percorrerla si è tramutato in realtà.
In questo vedo e intendo l’iniziazione reale e non virtuale che caratterizza il martinismo. E in questo vedo e intendo la sua ineluttabile attualità.